Cappella di San Carlo Borromeo a Forzo
La Cappella di San Carlo Borromeo a Forzo, menzionata per la prima volta nel 1616, è uno dei più antichi luoghi di culto della regione. Originariamente voltata e imbiancata con un pavimento in pietra, era distante due miglia e mezzo dalla chiesa parrocchiale. Gli arredi erano modesti, ma nel corso dei secoli ha subito vari restauri, inclusi interventi nel 1750 e nel tardo Ottocento. Attualmente, ospita dipinti e mosaici, testimoniando la sua storia. Potrebbe esserci stata un'altra chiesa più antica nelle vicinanze, secondo una tradizione locale.
Situata a un'altezza di 1178 metri, la cappella di San Carlo Borromeo a Forzo è un'antica costruzione campestre che si trova all'estremità della borgata, raggiungibile attraverso un suggestivo sentiero immerso nel verde di un bosco fresco. Citata per la prima volta nel 1616 da monsignor Ceva, la cappella rappresenta uno dei più antichi luoghi di culto della regione. Originariamente descritta come voltata e imbiancata con un pavimento in pietra, era distante circa due miglia e mezzo dalla chiesa parrocchiale.
L'icona sopra l'altare maggiore raffigurava la Vergine insieme ai Santi Carlo e Francesco, mentre due candelabri in lega adornavano la mensa. Tuttavia, mancavano molte altre suppellettili, probabilmente a causa delle limitate risorse degli abitanti locali che finanziavano la cappella e organizzavano annualmente la festa in onore di San Carlo.
Nel corso dei secoli, la cappella ha subito diversi interventi di restauro. Nel 1750, ad esempio, era completamente rinnovata, con volte e pareti imbiancate e un altare in pietra completo di icona. Attualmente, gli arredi sono modesti, con un dipinto del tardo Settecento raffigurante la Vergine col Bambino e un Santo, forse San Vito, insieme a San Carlo Borromeo e un frate non identificato.
Un altro dipinto risalente al tardo Ottocento raffigura Santa Veronica, con la leggenda dell'impronta del volto di Cristo su un panno di lino. Recentemente, sono stati realizzati mosaici nell'abside raffiguranti Gesù Cristo e i quattro evangelisti.
Secondo una tradizione locale riportata nella tesi di Delia Prospero, potrebbe esserci stata un'altra chiesa più antica nelle vicinanze, ormai ridotta a ruderi, dove si svolgeva la benedizione dei muli. Le due pietre ai lati dell'ingresso potrebbero essere rimaste di quell'antica struttura, mai citata nelle visite pastorali.
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